Bimota: storia di una grande passione
Le origini del mito
L'origine del nome Bimota è ormai noto, ma non tutti sanno che la prestigiosa factory non è nata come azienda produttrice di moto super sportive ma come azienda specializzata nella installazione di impianti di condizionamento e riscaldamento.
La grande passione di Massimo Tamburini per le moto ha subito affascinato Giuseppe Morri, mentre Valerio Bianchi gia' nel '72 lascia l'azienda.
Nasce la "Bimota Meccanica" grazie ad un inscindibile binomio di fervida passione e indiscussa capacità tecnica: Massimo Tamburini riesce a realizzare un nuovo concetto di moto che stupirà il mondo intero.
I suoi telai, vere sculture d’arte dai contenuti di alta ingegneria, sono presto richiesti dai team ufficiali che partecipano al campionato mondiale. E’ così che Bimota inizia la sua avventura costruendo esclusivamente telai per moto da corsa quali le YB1, YB2, YB3, HDB1, HDB2, e SB1.
Sul fronte stradale, il primo modello realizzato e poi prodotto in soli dieci esemplari è la HB1. Sulla base della Honda CB 750, Tamburini costruisce intorno all’avveniristico motore Honda un telaio tubolare che ha il duplice pregio di abbassare il baricentro della moto e di diminuirne notevolmente il peso complessivo.
Nel 1977 Bimota decide di entrare nel segmento più alto del mercato, realizzando modelli stradali esclusivi ed innovativi, come la SB2, caratterizzata dal telaio scomponibile, e la mitica KB1, che rappresenterà per Bimota un grande successo commerciale.
Il 'boom' commerciale e sportivo
Gli anni '80 segnano per Bimota una fase di particolare successo. La casa riminese vince due campionati mondiali, rispettivamente il Campionato del Mondo 350 con Jon Ekerold alla fine del 1980 e il Campionato del Mondo TT F1 con Virginio Ferrari nel 1987.
Sempre in quegli anni, Bimota realizza diversi modelli stradali destinati ad entrare nella leggenda e tali da rappresentare a tutt’oggi il sogno di ogni motociclista. Si tratta delle HB2, HB3 – SB3, SB4, SB5 – YB4 EI, YB6, YB6 exup, YB6 Tuatara – KB2, KB3 – DB1, DB1 s e DB1 rs.
Nel 1983 la piccola azienda motociclistica si trova a dover fronteggiare un momento di particolare delicatezza conseguente all’uscita di Massimo Tamburini, che l’aveva guidata fino ad allora.
Fortunatamente il vuoto lasciato da Tamburini viene colmato dall’arrivo di un giovane ingegnere, Federico Martini, anch’egli autentico appassionato di moto e capace di raccogliere con coraggio la pesante eredità e garantire la continuazione del successo, divenendo a sua volta una figura storica per Bimota.
Agli inizi degli anni novanta, Federico Martini lascia Bimota ed è sostituito dal suo stretto collaboratore, Pierluigi Marconi.
Sotto la sua guida tecnica vengono realizzati prevalentemente modelli con telaio scatolato in alluminio quali: YB8, YB8 E, YB8 Furano, YB9 Bellaria, YB9 sr, YB9 sri YB10, YB10 biposto, YB11 –– SB6, SB6 R, SB7, SB8 R e modelli con telaio in tubi ovali quali: DB2, DB2 sr, DB2 EF, DB3 Mantra, Supermono, Supermono biposto – 500 Vdue.
Si devono a lui la DB1 e gli innovativi telai in alluminio scatolato montati fino al 2000 su vari modelli, così come va riconosciuto a lui insieme a Virginio Ferrari l’aver portato la neonata Bimota YB4 R a vincere il campionato del mondo TT F1.
Resta pur tuttavia fuor di dubbio che il modello che più di tutti caratterizza il genio di Pierluigi Marconi e la stessa Bimota è l’innovativa TESI 1/D nelle versioni 1/D, 1/D SR, 1/D ES, 1/D EF.
La produzione è intensa sotto la spinta del nuovo management guidato da Walter Martini che succede a Giuseppe Morri, l’ultimo dei soci fondatori a lasciare l’Azienda nel 1993.
In parallelo alla consistente crescita dei volumi delle moto prodotte, nel 1997 Bimota festeggia anche il suo 25° Anniversario con l’organizzazione di un evento all’autodromo Santamonica di Misano al quale partecipano i bimotisti e gli appassionati di tutto il mondo.
Sul finire degli anni ‘90 nasce anche la prima moto tutta Bimota nel telaio e nel motore, a coronamento dello sviluppo interno del propulsore 500 Vdue ad iniezione.
La moto, assolutamente performante ed innovativa, ottiene un successo commerciale ben oltre le aspettative e tale da mandare in crisi la stessa capacità produttiva della casa.
Le conseguenze sono il lancio sul mercato di un prodotto ancora immaturo nella messa a punto, ciò ponendo le basi per una crisi finanziaria a cui Bimota andrà presto incontro.
Il 2000: il successo, la crisi e la rinascita
Il nuovo millennio inizia bene per Bimota che sta attraversando una fase di proficua e intensa attività. Le sue moto sono esposte ed apprezzate nelle più importanti fiere mondiali del settore.
Il modello di punta caratterizzante questo periodo è la SB8 R, nelle versioni in vetroresina e in carbonio. Particolarmente innovativo il materiale composito del telaio in alluminio e carbonio. In campo sportivo, la casa riminese dà il massimo, rientrando a partecipare al campionato mondiale SuperBike con la SB8 K dopo ben undici anni di assenza.
Il team è professionalmente di altissimo valore con Virginio Ferrari come team manager, Franco Farné direttore tecnico e Anthony Gobert pilota. Alla prima gara a Kyalami, in SudAfrica, Anthony Gobert arriva 12° in gara 2 mentre già solo due settimane dopo nel GP d’Australia a Phillip Island giunge 1° in gara 1. Sarà la Pasqua più bella per tutti i bimotisti del mondo.
Nonostante questi risultati eclatanti, principalmente a causa delle problematiche derivate dallo sviluppo del motore 500Vdue, Bimota entra in una crisi seria che la porterà ad affrontare mille difficoltà, fino ad arrivare al fallimento ed essere così costretta a chiudere, per fortuna solo temporaneamente, la prima fase della sua storia di successo.
Dopo un buon numero di colpi di scena alternati da esasperanti ritardi burocratici, finalmente nel 2003 entra la nuova proprietà, con il fermo intento di garantire la continuazione del successo di Bimota.
Nello storico quartier generale di Rimini, che ha conservato intatti i tanti tesori tecnici della casa e dove non si è mai spento lo spirito che la alimentava, l’attività è ripresa febbrile.
E i primi risultati tangibili, quali il conseguimento del “The 2004 Motorcycle Design Award” nella categoria Supersport rilasciato dalla Motorcycle Design Association al nuovo modello DB5 durante Intermot 2004, testimoniano il ritorno di una grande protagonista,affiancata in parallelo dalla futuristica tesi 2D.
Nel 2005 il Salone di Milano è la vetrina per la presentazione della naked DB6 Delirio, ricavata sulla base della DB5 e anch'essa opera di Robbiano.
L'anno successivo la DB5 eleva la cubatura del suo motore a 1100 cm³ e si sdoppia nelle versioni S (biposto) e R, quest'ultima dalle caratteristiche sportive esaltate. Viene anche presentata la Tesi 3D, terza generazione della Tesi dopo la 2D giunta senza troppa convinzione nel momento di transizione dell'azienda.
Nel 2007, al Salone di Milano, Bimota presenta la DB7, disegnata da Enrico Borghesan, moto che presenta diverse innovazioni tecniche come il sistema della sospensione posteriore infulcrato sul motore (soluzione impiegata in MotoGP) e il telaietto posteriore interamente in fibra di carbonio autoportante, come il telaietto anteriore.
Il telaio è una struttura mista: traliccio in tubi a sezione ovale e piastre in alluminio ricavate dal pieno. La DB7 vanta una dotazione ciclistica di prim'ordine, mentre la motorizzazione è affidata all'unità Ducati da 1099 cm³ che equipaggia la 1098.
Una DB7 in configurazione standard ha partecipato alla gara del Mugello del Desmo Challenge 2008 con Danilo Marrancone, centrando un importante risultato: la vittoria all'esordio.
Il 30 agosto 2013 Bimota s.p.a. è stata ceduta a Marco Chiancianesi e Daniele Longoni
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